Archivio per dicembre, 2015

 

C’è uno spettacolo a teatro questo Natale che fa dimenticare per un paio d’ore le ambasce della vita quotidiana. E c’è anche il pericolo che, essendo divertente ma nient’affatto stupido, abbia un effetto ironizzante di piu lunga durata sul quotidiano. Il titolo, “Vicini di stalla”, suggerisce il tema natalizio con l’adeguato humor.

Trattasi di un paio di pastori, zio e nipote, che per le scarse capacità di orientamento del piu giovane (o si tratta invece di volontà Superiore?) si ritrovano a prendere in affitto per la notte una stalla a Betlemme, naturalmente nel giro di giorni della Natività. Lo zio non ha mai fatto torto alla memoria della defunta moglie, se non con l’asina Rosaria che gli è compagna  nelle lunghe ore di noia assieme alle pecore, sui monti. Il nipote è un aitante giovanotto che si accende facilmente, specie davanti alle ingiustizie. E il suo carattere lo ha portato ad uccidere un console romano, ragion per cui i due fuggono ormai da qualche tempo per evitare di incorrere nella giustizia romana, che li spedirebbe dritti dritti sulle due croci che gli sono state preparate con largo anticipo.

Ma il destino beffardo gioca la sua partita a scacchi: il rabino che affitta loro la stalla ha intuito che hanno qualcosa sulla coscienza e facendo due piu due ha capito anche cosa. Naturalmente da uomo d’affari propone un equo scambio: il re Erode vuole che venga ucciso un bambino, si proprio quel Gesu che è appena nato nella stalla accanto e al quale lo zio si sta tanto affezionando. Se vogliono evitare la croce e guadagnare anche un bel gruzzolo, gli basterà uccidere il neonato. A loro la scelta.

Intanto un po’ per circostanza e un po’ per gusto, sta nascendo una storia d’amore tra il pastore giovane e l’altra vicina di stalla, romana/sicula, di professione cerusica/prostituta… che stai a vedere è la figlia del console che i due pastori hanno ucciso.

Il testo brillante di Antonio Grosso (che interpreta anche il pastore giovane) e Francesco Stella riesce nel difficile lavoro di amalgamare commedia degli equivoci che non disdegna gli anacronismi (dagli effetti a volte esilaranti) con una visione non superficiale e con punte di drammatico della storia che racconta. Nella seconda parte, infatti, quando i pastori devono scegliere se uccidere il bambino o venire crocifissi, e quando poi accade la strage degli innocenti, ognuno degli attori ha un suo monologo che da ridere non è. Eppure la narrazione non si appesantisce mai, il registro cambia quasi naturalmente dall’uno all’altro senza sfociare nel patetico.

I due pastori vengono dal sud dell’Impero (da Napoli) e anche il rabino, asservito al potere e infido come si conviene, dissimula non molto bene la sua provenienza partenopea, anche se la rinnega. Eco da “La smorfia” di Troisi/De Caro/Arena non guastano e c’è pure un pizzico del Ladrone di Pasquale Festa Campanile interpretato da un giovane Montesano.

Un plauso a tutti, padronissimi della scena, e un apprezzamento in piu allo “zio” Ciro Scalera, che passa dal teatro popolare napoletano a Stan Laurel al dramma nella stessa scena, come una specie di camaleonte. La regia disinvolta e sempre puntuale è di Ninni Bruschetta.

 

Al Teatro della Cometa, a Roma, fino al 10 gennaio.

 

La filosofia protagonista di un film giallo. Molto adatto al giovane ottantenne Woody Allen, che sceglie come protagonisti gli attori del momento Emma Stone e Joaquim Phoenix. Ottimo pacchetto. La carriera di Allen si è sempre divisa tra commedia, dramma esistenziale e giallo, e non è mai dipeso dal genere che un film fosse riuscito o meno.

“Irrational man” tratta di un professore di filosofia dal passato ricco di misteri e leggende ma dal presente decisamente depesso e tetro, che si trasferisce ad insegnare in un college a Newport. Il paese è piccolo e la gente non vede l’ora di ricamare sul nuovo arrivato, che in effetti presentandosi con pancia tonda da birra, un bicchiere di whiskey di malto sempre in mano e una pericolosa propensione al suicidio dà da parlare. E naturalmente affascina, facendo involontariamente cadere ai suoi piedi la moglie cinquantenne insoddisfatta che vive alla casa accanto (Parker Posey) e la bella studentessa (Emma Stone) che cerca esperienze elettrizzanti lontane dal placido ma noioso fidanzatino. Nella giovane il professore stuzzica la sindrome della crocerossina: la ragazza vuole tirarlo fuori dalla sua situazione di stallo morale che gli ha fatto perdere slancio per la vita con tutto quello che ne consegue; nella moglie frustrata suscita pensieri lubrichi e sogni di fuga romantica in Europa. Lui però non si scuote, non va avanti col suo saggio, non riesce a fare l’amore con la donna adulta e si tiene a debita distanza dalla giovane per generici timori morali. Ma una casualità risveglierà la sua voglia di vivere: un discorso sentito per caso in un locale, una donna sconosciuta alla quale il marito vuol portare via i figli a causa di un giudice corrotto. Se uccidesse quel giudice, pensa il prof. di filosofia, sarebbe il delitto perfetto giacché nulla li potrebbe collegare, ma farebbe del bene all’umanità, un po’ come uccidere un feroce dittatore. Ed ecco che la preparazione del delitto prima e la sua attuazione poi sbloccano tutte le funzioni vitali dell’uomo, che smette di bere e si tiene tutt’e due le donne. Ma per commettere il delitto perfetto bisogna essere meno filosofi (chiacchieroni) e ben presto la situazione si ingarbuglia.

Così come racconta le commedie con uno stile “libero” che ben si addice al jazz che le accompagna, Allen ha sviluppato un suo modo del tutto personale anche per il thrilling: si pone con distacco rispetto ai personaggi, esaminandoli come insetti in gabbia per carpirne i meccanismi più profondi, ciò che li agita e il modo in cui reagiscono agli stimoli senza giudizio morale. Anche se poi la visione della vita di Woody Allen viene sempre fuori dagli stessi meccanismi narrativi: l’uomo è sensibile a stimoli del tutto materiali ed egoistici, e anche il migliore di noi quando è sottoposto a determinate pressioni antepone il proprio benessere perfino alla vita di qualcun altro. E quando per sfuggire a tutto questo l’uomo cerca di aggrapparsi alla filosofia o alla fede, fallisce miseramente.

Ma tutto questo Allen lo aveva già raccontato con grande incisività ed ispirazione in “Crimini e misfatti” (1989) e poi ripetuto in “Match point” (2005), sottolineandolo una volta di più in “Sogni e delitti” (2007).

“Irrational man” scava con la consueta puntualità nell’animo dei protagonisti con stile secco privo di compiacimento. Ma il tono è più leggero che negli altri film “morali” di Allen, si concede una musica quasi jazz che sdrammatizza pur senza far ridere (il film è privo dei consueti motti ironici fulminanti che hanno reso famoso l’autore newyorkese). Joaquim Phoenix fa il suo mestiere pur giggioneggiando a volte un po’ troppo, Emma Stone è perfetta per il ruolo della giovane studentessa di buona famiglia di provincia cui regala sfumature notevoli, e così tutto il cast. Ma il finale non è sferzante e corrosivo come negli altri film, anzi c’è un’ombra moraleggiante del tutto inedita nel solitamente lucido e a tratti cinico Allen. E così il film resta interessante ma con riserva.